PIAZZA PRIMO MAGGIO
Udine
2017
L'ARCHETIPICA MESSA IN FUSIONE DEGLI OPPOSTI
PIAZZA PRIMO MAGGIO, NUOVA CENTRALITA' a scala urbana
INTRODUZIONE
E’ da queste illuminanti e poetiche parole che prendono avvio le nostre riflessioni progettuali. Per dar senso e corpo ad una trasformazione urbana “soccorre lo studio di come s’è costruita la città”, indagando “pregi e difetti, come d’una persona amata”, cercando di cogliere “simultaneamente, assieme alle realtà più recenti, gli inizi e la dignità dell’eredità che riceviamo dagli uomini vissuti prima di noi”. Occorre comprenderne le antiche ragioni geomorfologiche che determinano il palinsesto pervenutoci (A. Corboz) nel tentativo di attivare metamorfosi e trasfigurazioni che risultino allo stesso tempo in continuità identitaria per assicurarne la lunga durata e in discontinuità feconda per donare nuovi assetti urbani adeguati alle esigenze della comunità.
E in questo ascolto delle Udine passate/presenti, non abbiamo potuto non sentire forte (soprattutto nel luogo di progetto, ma non solo) la presenza dell’acqua, di quest’acqua che scorrendo (“Come l’acqua che scorre” - M. Yourcenar) ha da sempre fecondato i campi con i suoi torrenti Cormor a ovest e Torre ad est; di quest’acqua che, fonte primigenia e vitale per l’insediarsi dell’uomo, grazie all’infaticabile e continuo lavorio degli abitanti, è divenuta traccia e limes, continuamente spostato, della forma urbis stessa; di quest’acqua che ancora oggi permane come segno caratterizzante e poetico, traccia schiva ma indelebile, in un certo qual senso continuamente da scoprire; presente ed caratterizzante.
E poi lo stagliarsi del colle, concausa forte dell’individuazione del luogo ove insediarsi; punto rialzato di difesa; punto di vista privilegiato sull’alta pianura morenica appena inclinata che discende dalle Alpi.
E’ principalmente da queste due forti presenze, che hanno giocato da sempre un ruolo decisivo nella determinazione della morfologia e della natura stessa dei diversi assetti urbani, che il progetto prende forza. Esso infatti pone al centro del proprio svolgersi la costatazione contrapposta e differente del colle con il suo Castello da una parte, e i suoi snodati percorsi verso i campi dall’altra. Il rapporto col colle ha generato ad ovest per contiguità la densità consistente e densa della compagine antica, con quella sublime articolazione degli spazi dell’abitare collettivo (piazze, strade, vicoli, slarghi) quasi “ritagliati” nella compattezza dell’edificato. Il rapporto coi campi e col prospiciente laghetto ad est, si modula in maniera naturale sui piccoli dossi, che hanno visto recapitare in maniera puntiforme nel susseguirsi storico, importanti episodi architettonici-istituzionali senza però quella capacità di costruzione corale così connaturata nella città consolidata e compatta.
Le due nature morfologiche differenti di queste due polarità hanno trovato, con l’espandersi della conurbazione, difficoltà nel ritrovare quella dimensione di unità (pur nella differenza), che veniva garantita in qualche misura dall’antico rapporto, ben identificato, tra città e campagna, tanto che l’interessante tentativo ottocentesco di attribuire una figura forte, polare, al laghetto prosciugato e così divenuto Giardin Grande, non è riuscito a divenire “vuoto urbano” denso e “ordinatore” dell’intorno.
IL PROGETTO
Il progetto quindi si pone l’obiettivo, pur forse ambizioso, di far divenire Piazza Primo Maggio, con le sue ingenti dimensioni, e proprio grazie ad esse, cerniera/perno di una nuova centralità che riesca a tenere insieme, a far da collante, a tutti gli episodi che vi gravitano attorno; dai singoli edifici (Chiesa della Beata Vergine Maria col suo aggraziato Chiostro, il Liceo J.Stellini, il Conservatorio J.Tomadini, il Giardino Loris Fortuna, etc.) all’intera compagine antica, compatta e dispersa, che vi si affaccia.
Al fine di riuscire in questo titanico intento, il progetto cerca di “mettere in forza”, in tensione, quella dimensione archetipica della messa in-fusione degli opposti: alto/basso, concavo/convesso, Yin e Yang, attraverso la messa in ruolo di pochi elementi, tra cui non può che “spiccare” la rinnovata presenza dell’acqua. Essa “cinge” l’ovale ottocentesco, staccandolo dal suolo, e attribuendogli il compito di tramite raccolto di spazio tra terra e cielo, donandogli quella forza silenziosa riscontrabile nei chiostri antichi (similitudine portici-filari); essa però “si espande” verso il basso così da dichiararsi come presenza memoriale importante e al contempo elemento nuovo intorno a cui riscoprire modi dell’abitare più a misura d’uomo e con cui stringere relazioni ludiche e gioiose.
La pavimentazione unitaria in calcestruzzo lavato (esteticamente similare al ghiaietto presente sulla sommità del castello), su cui scorre, oltre il passeggio pedonale e la viabilità dolce ciclabile, anche il traffico automobilistico, con moto per cui rallentato, crea un’area unitaria su cui si affacciano i diversi episodi che “alimentano” la centralità e a sua volta vengono “alimentati” da questa nuova polarità urbana.
STRATEGIE
“La vita non sarebbe stata possibile senz’acqua” scrive Battistella a proposito di Udine, e l’acqua è l’elemento chiave per il rilancio di piazza Primo Maggio come luogo di grande importanza per il centro della città. Essa rafforza la purezza geometrica dell’ellisse ottocentesco che oggi domina l’area. A tal fine vengono inoltre colmate le lacune dei filari e sostituite le specie ad esso estranee. Un nuovo sistema di sedute digradanti si relaziona sia con l’anello d’acqua, luogo del dialogo, che con l’ampia distesa verde, il chiostro del silenzio e della riflessione. Le panche, realizzate nella tipica pietra Piasentina e poste su di una fondazione in calcestruzzo, consentono così di osservare sia l’interno del parco che le numerose vedute verso l’esterno.
La creazione di una nuova centralità nel Giardin Grande consente di aprire porte e generare relazioni con la città allargata. Nuovamente l’acqua si fa carico di questo ruolo: come in un rapporto simbiotico essa si affaccia sulla città e contemporaneamente ne accoglie le direttrici. Questa relazione si concretizza nella presenza di passerelle in calcestruzzo architettonico che si insinuano tra i platani dell’ellisse verde e permettono di travalicare l’acqua. Essa, a sua volta si rivolge alla città, ed in particolare alla Porta Manin, vero e proprio legame tra la piazza e il centro storico, dando vita ad un bacino allargato che, come una darsena, accoglie e rilancia i flussi umani che arrivano, partono e transitano da Udine.
Ulteriori legami con il tessuto edificato sono determinati dal recupero della collinetta del Conservatorio con la realizzazione di un piccolo palco cinto da gradoni, tramite i quali la scuola musicale e le sue sonorità travalicano i limiti dell’edificio e si diffondono in città.
Quiete e tranquillità risiedono invece nel nuovo “sagrato urbano”, in continuità con la scalinata della Chiesa Beata Vergine delle Grazie, che valorizza la roggia di Palma con uno spazio dello stare bordato da un filare di tigli.
Il progetto affida ai giardini “Loris Fortuna” la riscoperta del valore del gioco: la nuova configurazione del parco permette alle particolari essenze di abbracciare gli spazi ludici destinati ai più piccoli.
Il nuovo progetto di piazza Primo Maggio si occupa anche di ri-definire l’area di Porta Nuova, grazie alla realizzazione di un ascensore inclinato posto a nord del colle che insieme alle risalite del parcheggio e a nuovi spazi per servizi e bar ridà senso a un luogo oggi molto debole. Viene inoltre ripensata con attenzione l’accessibilità al parcheggio esistente interrato, il cui accesso viene spostato utilizzando l’accesso esistente in Viale della Vittoria.
Il progetto prevede di utilizzare i punti luci esistenti valorizzandone il ruolo all’interno della piazza.
Hanno collaborato: Stefano Agliati, Marianna Nisoli, Francesca Paganoni, Chiara Parolini, Mattia Ruscio, Ginevra Suardi